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Lega di preghiera per la restaurazione dell'Ordine Tradizionale Cattolico

Il Trattato della vera devozione a Maria di S. Luigi M. Grignion de Montfort – Quarta parte (Conclusione)

Come vivere la Consacrazione: le pratiche interiori ed esteriori

(Trattato nn. 226-274)

Siamo giunti all’ultima parte del nostro approfondimento sul Trattato della vera devozione a Maria di S. Luigi M. Grignion de Montfort. Affronteremo un tema di grande importanza ossia i mezzi per vivere la Consacrazione all’Immacolata. Abbiamo detto molte volte che consacrarsi alla Madonna non consiste semplicemente nel pronunciare una formula una volta nella vita, ma nel vivere quotidianamente questa spiritualità, questa donazione totale di sé stessi, corrispondendo alle esigenze e agli impegni che da essa derivano. E’ evidente che il cuore della Consacrazione mariana stia nelle sue pratiche interiori, tuttavia non bisogna sottostimare i mezzi esteriori che la Tradizione della Chiesa e gli insegnamenti dei grandi Santi mariani ci offrono. Essi ci ricordano la nostra appartenenza al Maria, ci aiutano a crescere in questa devozione e nelle virtù, ci stimolano a dominare le passioni e a staccarci dal peccato, in una parola a convertirci. Sarebbe segno di superbia spirituale ed intellettuale pensare di essere capaci di raggiungere le più alte vette della vita interiore con le sole proprie forze, senza questi aiuti che il Cielo stesso, per mezzo della Chiesa, ci offre. Essi non sono sufficienti, ma sono necessari per progredire nel cammino di perfezione e santità e per vivere più in profondità e con radicalità la nostra stessa Consacrazione.

A) Pratiche esteriori

Un primo segno esteriore è quello della catenella di ferro benedetta da indossare (ad esempio al polso) per rammentarci che, liberati dalla schiavitù diabolica del peccato, con la Consacrazione, ci siamo volontariamente donati all’Immacolata come Suoi schiavi d’amore sottomettendoci, per mezzo di Maria, al dolce impero di Gesù Cristo che ci dona la vera libertà dei figli di Dio e la promessa della vita beata eterna del Paradiso. Come la Croce, da strumento di condanna infamante e scandaloso diviene, con Cristo, mezzo di redenzione, così queste catene, da simbolo di schiavitù diventano segno d’amore per Gesù e Maria. L’uso della catena da parte del consacrato non è obbligatorio, ma è cosa lodevole come dimostrano tanti Santi che, nel corso dei scoli, hanno fatto uso di catene e cilici come forma di penitenza e mezzi per l’ascesi. Essa è un segno visibile che c’infonde coraggio e forza per combattere le passioni e le tentazioni e un mezzo di apostolato che permette di dare pubblica testimonianza della propria fede ed appartenenza a Gesù Cristo e alla Sua Santa Madre.

Uno dei segni esteriori più comuni legati alla Consacrazione mariana è lo scapolare del Carmelo: farsi imporre lo scapolare vuol dire ricevere Gesù e Maria dentro di noi. Lo scapolare storicamente nasce come una stoffa che i monaci indossavano sopra l’abito religioso per proteggerlo durante i lavori manuali e domestici. Col tempo assunse un significato religioso, quello di portare la propria croce ogni giorno. Le prime menzioni dello scapolare del Carmine risalgono al 1281 con le rivelazioni della Madonna a San Simone Stock. Successivamente, per comodità dei devoti laici, esso è stato ridotto a due pezzi di stoffa uniti da un nastro (cd. abitino) da collocare sul petto e sul dorso e raffiguranti Gesù e Maria. A queste rivelazioni è legato il riconoscimento del cd. privilegio sabatino (approvato da diversi Pontefici) con cui la Madonna ha promesso che, chiunque avesse portato con devozione lo scapolare del Carmelo durante la vita e nel momento della morte, si sarebbe salvato ed Ella stessa l’avrebbe condotto in Paradiso il primo sabato successivo alla morte. Ovviamente non si tratta di un amuleto: esso deve essere accompagnato da un vita cristiana, di fede, Sacramenti, Carità e preghiera. Chi lo indossa, ricorda Papa Pio XII, “fa professione di appartenere a Nostra Signora”. Il pio uso dello scapolare procura numerose indulgenze parziali (ogni volta che gli rivolgiamo un pensiero, uno sguardo, un bacio, ecc.) e plenarie in giorni particolari quali il 16 Luglio (festa della Madonna del Carmine) e nelle memorie liturgiche dei grandi Santi carmelitani quali S. Teresina, S. Teresa d’Avila, S. Giovanni della Croce. Suor Lucia di Fatima a proposito dell’abitino rivela che esso “è il richiamo della protezione della Vergine, l’ammonimento a una vita degna e santa” e che “la Madonna vuole che tutti lo indossino”. S. Claude de La Colombière insegna che “nessuno può morire col santo scapolare senza avere il privilegio di evitare il fuoco eterno”. S. Bernadette ricevette lo scapolare nel giorno della prima Comunione. Numerosi Papi lo hanno indossato tra cui Pio IX, Pio X, Giovanni Paolo II, ecc. S. Giovanni Bosco indossò sempre l’abitino che, all’esumazione delle sue spoglie, fu ritrovato intatto sugli abiti consunti.

Tra le molte feste liturgiche mariane, il consacrato non può non rivolgere una particolare devozione alla Solennità dellAnnunciazione legata al grande mistero dell’Incarnazione del Verbo dal quale Dio ha voluto far dipendere la nostra redenzione e non meditare spesso su questo Mistero che racchiude tutti gli altri misteri, sulle grandezze e virtù della creatura che Egli ha scelto come Sua e nostra Madre e dalla quale Egli ha tratto quella natura umana e dunque quel Corpo e Sangue che possiamo adorare e ricevere nella Santissima Eucarestia, sulla dipendenza assoluta nella quale Gesù, Dio stesso, ha voluto porsi nei Suoi confronti e sull’eccellenza dell’unione delle loro anime, dei loro Cuori e delle loro Volontà. Il Montfort descrive con parole meravigliose quest’intima unione d’amore: “Gesù è tutto in Maria e Maria è tutta in Gesù, o piuttosto Essa non è più, ma Gesù solo in Lei, e sarebbe più facile separare la luce dal sole che Maria da Gesù” (Trattato n. 247).

Tra le preghiere che il Montfort raccomanda al devoto di Maria segnaliamo in particolare il S. Rosario e il Magnificat. Per ragioni di spazio non ci dilunghiamo in questa sede sul S. Rosario rimandandone l’approfondimento ad uno o più articoli prossimi. Qui basti ricordare che i consacrati a Maria devono coltivare una grande devozione verso l’Ave Maria, preghiera che ha una chiara natura divina se pensiamo che sono le parole che Dio stesso rivolge alla Madonna tramite l’Angelo Gabriele. Se il mistero della nostra redenzione inizia nel momento del concepimento del Figlio di Dio nel grembo verginale dell’Immacolata avvenuto nell’istante stesso del Suo fiat, allora si può dire che la salvezza del mondo, e quindi di ciascuno di noi, è iniziata con l’Ave Maria. Tutta la Tradizione della Chiesa, i Padri, i grandi Santi e mistici, i messaggi delle principali apparizioni mariane ribadiscono l’importanza del S. Rosario quale preghiera cristologica per eccellenza in quanto ci consente di meditare e contemplare i misteri della vita di Gesù con gli occhi e attraverso il Cuore Immacolata della Sua Santissima Madre. Il Magnificat, l’inno con cui Maria risponde al saluto della cugina Elisabetta, è fondamentale perché è la preghiera composta direttamente dalla Madonna, sia pur su ispirazione dello Spirito Santo e di Gesù stesso, già presente nel Suo verginale grembo. Inoltre Gersone, un grande maestro di spirito, rivela che la Madonna stessa lo recitava come ringraziamento alla S. Comunione. 

Un ultimo segno esteriore che merita di essere menzionato è la medaglia miracolosa, ma anche questo argomento richiederebbe un lungo approfondimento che rimandiamo ad un prossimo articolo. Naturalmente il Montfort non ne poté parlarne in quanto essa risale alle apparizioni della Madonna a S. Caterina Labouré avvenute a Rue du Bac (Parigi) nel 1830 e quindi dopo la morte del Santo francese. Essa è tipicamente legata alla Consacrazione illimitata insegnata dall’altro grande apostolo della Consacrazione mariana, padre Kolbe. 

B) Pratiche interiori

San Luigi Maria Grignion De Montfort sintetizza le pratiche interiori, che costituiscono il cuore della Consacrazione a Maria, nel compiere tutte le proprie azioni per mezzo di Maria, con Maria, in Maria e per Maria (Trattato nn. 250-265)

Per mezzo di Maria

Agire per mezzo di Maria vuol dire obbedire in ogni cosa alla Vergine e lasciarsi condurre dal suo Spirito, che è lo stesso Spirito di Dio. Sarà necessario rinunciare al proprio spirito e imparare ed agire in unione con le intenzioni di Maria. Un’intenzione è pura se è finalizzata alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime. Il valore e il merito delle nostre buone opere dipendono dal grado di Carità che ci mettiamo nel compierle. L’intenzione è dunque molto importante per questo, prima di compiere un’azione, almeno le più importanti, bisognerebbe fare un’esame di coscienza per chiedersi quali intenzioni veramente ci animano. Una semplice azione, come il cucinare, se fatta con amore, può essere più meritoria davanti a Dio di una grande predica fatta magari con orgoglio e vanagloria. S. Alfonso M. De Liguori diceva che la purezza di intenzione consiste in una “celeste alchimia che trasforma anche il grezzo delle nostre azioni materiali in oro di puro amore”. La nostra natura ferita dal peccato, la vanagloria, l’egoismo, l’attaccamento alle creature (quello che il Montfort chiama il nostro “cattivo fondo”) facilmente macchia anche le nostre opere più buone rendendole imperfette e indegne di essere presentate a Dio che è Perfezione infinita. Unendoci alle intenzioni di Maria, Ella prende tutto ciò che offriamo e, per usare un’espressione molto cara a Padre Kolbe, lo “immacolatizza” e lo presenta, purificato, a Suo Figlio Gesù, il quale, non potendo rifiutare nulla dalle mani di Sua Madre, lo divinizzerà presentandolo a Sua volta al Padre. C’è un importante frutto spirituale che scaturisce dalla purezza d’intenzione che si ottiene dall’unione con le intenzioni della Vergine: noi non sappiamo dov’è la maggior gloria di Dio, ma Maria sì: se noi facciamo nostre le intenzioni dell’Immacolata, rinunciando alle nostre con un vero atto di espropriazione quale è la Consacrazione, consentiamo alla Madonna di prendere possesso del nostro agire e di indirizzarlo Ella stessa verso la maggior gloria di Dio (anche se questa a noi restasse ignota) e la salvezza delle anime. Un altro frutto fondamentale per la vita interiore è che questa unione con le intenzioni di Maria apre il cuore e la mente al Suo spirito e consente di comprendere gradualmente i Suoi voleri che Ella comunicherà all’anima in modo misterioso, ma reale. Come fare per mettere in pratica questa dimensione, che è soprattutto interiore, di compiere ogni azione con le medesime intenzioni di Maria? Quali esercizi praticare? Prima di ogni azione bisogna rinunciare con un atto intenzionale al proprio spirito, alle proprie idee e consegnarsi a Maria per essere mossi secondo il Suo volere. Così, pian piano, Maria diventa la causa e il motore di tutte le nostre azioni. Praticando con pazienza ogni giorno questo esercizio di rinuncia, Ella comunicherà all’anima la grazia necessaria. Si può dire che la vita di unione con Maria è la virtù propria del consacrato a Maria, quella che egli deve maggiormente conoscere e in cui deve particolarmente crescere. Essa dovrà informare ed alimentare tutte le azioni della giornata, sia quelle “sacre” (l’ascolto della S. Messa, Confessione, colloquio col direttore spirituale, meditazione, preghiera, ecc.) nelle quali dobbiamo unirci, imitare e far vivere nell’anima nostra le Sue stesse virtù e disposizioni, i Suoi affetti e propositi; sia gli atti con cui si attende ai propri doveri di stato (che rappresentano per l’anima la certezza di compiere la Volontà di Dio e dell’Immacolata, il mezzo ordinario della sua santificazione e l’occasione per testimoniare la propria fede e dunque compiere un santo apostolato); fino agli atti più ordinari come il passeggiare, mangiare, dormire, la ricreazione, ecc. nei quali bisogna evitare l’ozio, le esagerazioni, lo spreco di tempo prezioso che è dono di Dio.

Con Maria

Agire con Maria significa agire sempre prendendo Maria come modello chiedendosi, prima di compiere ogni azione, se e come Ella l’avrebbe compiuta al nostro posto. Per vivere questa dimensione interiore occorre meditare sulle eccelse virtù dell’Immacolata: la purezza divina, l’umiltà profonda, la fede assoluta, ecc. Gli esercizi ad essa legati corrispondono a porsi sempre alcune domande prima di agire: a) Maria lo farebbe? Nel dubbio se compiere o meno una certa azione, nelle piccole e grandi scelte, il consacrato deve sempre chiedere consiglio a sua Madre e sforzarsi di fare quello che farebbe Lei; b) Come lo farebbe Maria? S. Alfonso M. De Liguori diceva che “non basta fare il bene ma bisogna farlo bene”. Maria rivelò alla venerabile Maria d’Agreda che Ella non faceva nulla che non fosse gradito a Dio, per dargli la massima gloria possibile; c) Cosa preferirebbe Maria che io facessi? Noi sappiamo che la vera libertà non è poter scegliere tra il bene e il male, ma scegliere tra più beni possibili. Infatti c’è una scala gerarchica di beni e poi c’è anche una vocazione, cioè una chiamata personale di Dio per ciascuna anima, a scegliere un dato bene piuttosto che un altro. Ma come si acquisisce una conoscenza così profonda di Maria e della Sua volontà per rispondere a queste domande? Ecco i mezzi principali: la formazione mariana attraverso la meditazione e lettura spirituale, la preghiera assidua e, se ancora non avessimo risposte, rimettendosi all’obbedienza al direttore spirituale sottoponendo a lui i propri dubbi.

In Maria

Il Montfort usa delle espressioni meravigliose per descrivere la Madonna: Ella è il “terreno” nel quale Gesù si è compiaciuto e ha compiuto tutte le Sue meraviglie; è il nuovo Paradiso terrestre nel quale il nuovo Adamo, il vero albero di vita, Gesù Cristo, trova e prende dimora; è il Santuario nel quale riposa la Santissima Trinità (Trattato nn. 261-264). Anche noi siamo invitati ad entrare in questo Paradiso! Maria è lo stampo nel quale si è formato Gesù nella Sua natura umana, la forma Dei per usare un’espressione del Montfort. Allora anche noi dobbiamo entrare in questo stampo per essere modellati e conformati a Gesù. Ma per entrare in uno stampo è necessario che il materiale sia liquido, questo vuol dire che noi dobbiamo certamente metterci del nostro per poterci rendere più malleabili. Questa è la più sublime e difficile tra le pratiche interiori della Consacrazione. Qui raggiungiamo le più alte vette spirituali della devozione mariana: vivere in Maria significa raggiunge un grado di intimità che va fino all’unità, è un entrare, un dimorare nell’interiore di Maria, cioè nei Suoi sentimenti e nella Sua Volontà; la Madonna diventa l’atmosfera nella quale il consacrato vive e respira, diventando una cosa sola con Maria, noi in Lei e Lei in noi: l’anima si “marianizza” per dirla con parole di S. Massimiliano M. Kolbe. Capiamo bene come questo rientri davvero nel campo della mistica, richiede cioè un’azione della Grazia che va ben oltre qualsiasi nostro sforzo ascetico che può comunque condurci all’unione con Maria nel senso più “ordinario”. Per il resto, invece, possiamo solo impetrare questa Grazia, consacrarci all’Immacolata per vivere come Suoi veri figli, disporci a riceverla con la molta preghiera ed una generosa mortificazione. Ci sono Santi che sono arrivati a questa unione mistica con Maria e qualcuno ha addirittura fatto l’esperienza dello sposalizio mistico con la Madonna. E quanto più saremo in Maria, tanto più Ella ci introdurrà nel seno della Santissima Trinità. Questa pratica interiore corrisponde al grado più elevato della vita interiore, quello che i maestri di spirito chiamano via unitiva (che segue alla via purificativa dell’ascesi e alla via illuminativa della contemplazione ed imitazione delle virtù). Nella teologia mariana l’espressione “in Maria” è la più altamente espressiva dell’esperienza mistica che un’anima possa fare dell’inabitazione in Maria, dell’assimilazione a Lei fino a giungere al grado sublime di quella che S. Massimiliano Kolbe chiama la “transustanziazione” dell’anima nell’Immacolata, la quale, a sua volta, è la premessa della sua “cristificazione”, dunque della santità. 

Per Maria

Agire per Maria significa ordinare tutte le nostre azioni, anche quelle ordinarie, al servizio di Maria, difendere i Suoi diritti e privilegi ogni volta che vengono attaccati o messi in discussione, attirare le anime a Lei e a questa santa devozione. Tutto deve avere per fine Maria. Ovviamente sappiamo che il fine ultimo deve essere sempre Gesù Cristo, tuttavia Maria è il nostro fine prossimo. Ogni azione è caratterizzata da tre elementi: a) l’atto, che può essere una parola, un gesto, un comportamento, un pensiero, ecc. b) l’intenzione, cioè perché o per chi faccio quell’azione; c) le circostanze, cioè come, quando, dove, con quali mezzi, la compio. L’azione è virtuosa se tutti e tre gli elementi sono buoni: se un atto buono (ad esempio la preghiera) lo compio con un’intenzione non buona (ad esempio prego solo per farmi vedere quindi per vanità) l’azione non sarà buona. Ma anche una circostanza non buona può rendere non buona un’azione che di per sé sarebbe buona (ad esempio se prego in un momento in cui dovrei studiare o lavorare e quindi trascurando un dovere di stato). Questa pratica è dunque molto simile alla prima (agire per mezzo di Maria) dalla quale però si differisce in quanto con quella noi facciamo nostre le intenzioni di Maria, cioè partecipiamo della purezza delle Sue intenzioni, mentre l’agire per Maria riguarda le nostre intenzioni che vogliamo coscientemente indirizzare a Maria. Un buon esercizio sarà quello di dire, prima di compiere qualsiasi azione: “questo è per Maria, per Dio, per la Tua gloria”. Il consacrato a Maria deve indirizzare ogni suo atto a Maria affinché Ella lo purifichi e lo presenti a Dio. Possiamo offrire a Maria le nostre azioni con uno sguardo dell’anima, rivolgendole un pensiero o esplicitamente con una breve giaculatoria come quella semplicissima suggerita da S. Massimiliano Kolbe: “per Te o Immacolata, tutto per Te”. Questo esercizio ci otterrà tre importanti frutti spirituali: a) ci tiene lontani dal peccato e vicini alla virtù perché nessuno sarebbe così sfrontato da offrire a Maria un peccato; b) ci fa praticare la rettitudine di intenzione di modo che i nostri atti meritino più grazia in questa terra e gloria in Paradiso, in quanto il merito di un’azione dipende sopratutto dalla sua intenzione; c) rende le nostre azioni ancora più meritorie perché esse giungono a Dio per il tramite della Sua Santa Madre che le abbellisce e purifica.

Considerazioni finali

Nel Trattato (nn. 227-233) il Montfort presenta gli esercizi preparatori alla Consacrazione che consistono in un preparazione di 33 giorni che precedono il giorno della Consacrazione. Avremo certamente occasione di approfondire anche questo argomento. Qui ci limitiamo a ricordare che si tratta di un periodo (formato da dodici giorni più tre settimane) in cui l’anima che si prepara a consacrarsi all’Immacolata (o anche a rinnovare la propria consacrazione, cosa che andrebbe fatta almeno una volta l’anno in forma solenne e poi quotidianamente in modo personale), è invitata a concentrare preghiere e meditazione su questi quattro punti: a) svuotare sé stessa dello spirito del mondo che è in opposizione allo spirito di Gesù – primi 12 giorni; b) conoscenza di sé stessa per ottenere l’umiltà e il dolore dei propri peccati – prima settimana; c) conoscenza della Santa Vergine Maria – seconda settimana; d) conoscenza di Gesù Cristo – terza settimana. Al termine del Trattato troviamo la formula proposta dal Montfort per consacrarsi a Gesù per mezzo di Maria (n. 274)  

Infine, nei numeri del Trattato dal 266 al 273 S. Luigi presenta un metodo per vivere questa Consacrazione in quello che è l’atto più profondo e importante della giornata e della vita di un’anima: come il consacrato a Maria deve accostarsi alla S. Comunione sacramentale. Lasciamo spazio alle splendide parole con cui il Santo francese si rivolge personalmente a ciascun devoto di Maria, a ciascun consacrato, a ciascuno di noi: prima della Comunione “supplicherai questa buona Madre di prestarti il Suo Cuore, per ricevervi Suo Figlio nelle medesime disposizioni di Lei (…) Le dirai che tutto ciò che hai dato del tuo bene è poca cosa per onorarla, ma che con la S. Comunione intendi farle lo stesso dono che il Padre Eterno le ha fatto”; nella Comunione “dirai al Figlio che non sei degno di riceverlo (…) ma che lo preghi di avere pietà di te poiché lo introdurrai nella casa della Madre Sua e tua”; dopo la Comunione: “mentre sei con gli occhi chiusi, raccolto interiormente, introdurrai Gesù Cristo nel Cuore di Maria, lo darai a Sua Madre che lo riceverà amorosamente, lo adorerà profondamente, lo amerà perfettamente (…) Ricordati che più lascerai agire Maria nella tua Comunione più Gesù sarà glorificato”.

Ogni volta che ci accostiamo alla S. Comunione in grazia, possa davvero la nostra anima essere il luogo sacro di questo mistico incontro tra Gesù e l’Immacolata, saper ascoltare in rispettoso silenzio i loro intimi colloqui e godere un anticipo dell’eterna beatitudine della vita del Cielo. Amen!