* Lo scritto è tratto dal Libro secondo del testo: “La scala di Giacobbe – commento ai 12 gradi di umiltà” di di Jean Monléon O.S.B.
«La radice della sapienza è il timore del Signore», dice l’Ecclesiaste[1].
San Benedetto volendo farci assaporare i frutti della divina Sapienza, ci conduce, non all’albero della Scienza, che fu causa di rovina per i nostri progenitori, ma a quello dell’umiltà. Egli comincia col mostrarci la radice da cui questo albero trae tutta la linfa, cioè il timore di Dio. Questo forma l’oggetto del primo gradino della sua scala. Il primo gradino dell’umiltà – dice egli – è quello in cui l’uomo, con la visione continua della presenza di Dio dinanzi agli occhi, ispirato dal suo timore, fugge del tutto la smemoratezza, e ricorda sempre i precetti di Dio e ripensa dentro di sé perennemente come l’inferno bruci, per i loro peccati, i dispregiatori di Dio e come la vita eterna sia preparata per quelli che lo temono; e custodendosi sempre dai peccati e dai vizi, cioè dei pensieri, della lingua, delle mani, dei piedi, della propria volontà, stronca con sollecitudine le inclinazioni della natura corrotta.
Rifletta l’uomo che sempre e senza tregua Dio lo guarda dal cielo, e che le sue azioni in ogni luogo son vedute dall’occhio divino e riferite dagli Angeli ad ogni momento, È appunto ciò che ci manifesta il Profeta, quando ci addita Iddio così presente ai nostri pensieri, dicendo: «Dio scruta le reni e i cuori»[2].
E similmente: «Il Signore conosce i pensieri degli uomini»[3]. Così pure, dice: «Hai visto i miei pensieri da lontano»[4]. E altrove: «Il pensiero dell’uomo sarà svelato dinanzi a te»[5].
Ora essere cauto, riguardo ai suoi cattivi pensieri, il fratello sollecito di frutti spirituali ripeta di continuo nel suo cuore «allora sarò mondo dinnanzi a lui quando mi sarò guardato da ogni mio incentivo al peccato»[6]. Il divieto poi di fare la volontà propria lo abbiamo dalla Scrittura che ci ordina «E allontanati dalle tue voglie»[7]. E similmente nell’orazione supplichiamo Dio che si compia la Sua volontà. A buon diritto dunque ci s’insegna di non fare la nostra volontà, se volgiamo evitare il male di cui ci parla la Scrittura: «Ci sono delle vie che agli uomini sembrano diritte e che al loro sbocco sommergono fino alla sommità dell’inferno»[8] e se dobbiamo similmente temere ciò che è scritto dei negligenti: «Si son corrotti e son diventati abbominevoli nel seguire le loro voglie»[9]
Quanto poi alle inclinazioni della guasta natura dobbiamo allo stesso modo credere che Dio è sempre presente, secondo ciò che dichiara il Profeta al Signore «Ogni mio desiderio sta dinanzi te»[10]. Bisogna dunque evitare il cattivo desiderio perché la morte è appiattata alla soglia del piacere. Perciò la Scrittura ci avverte: «Non andare dietro alle tue concupiscenze»[11]. Dunque «se gli occhi del Signore vedono i buoni e i cattivi e il Signore dal cielo guarda sempre sui figli degli uomini per scorgere se vi sia chi abbia intelletto e cerchi Dio[12] e se dagli Angeli assegnati son riferite quotidianamente al Signore, giorno e notte, le nostre singole azioni bisogna, dunque, fratelli, far di tutto assiduamente perché il Signore non ci veda mai come dice nel salmo il Profeta, «incamminati al male e divenuti infruttuosi»[13], e se perdona adesso perché misericordioso ed aspetta la nostra conversione, non ci debba dichiarare in avvenire: «Hai fatto questo e io ho taciuto»[14].
[1] 1, 25 Radix sapientiae est timere Dominum
[2] Sal 7,10
[3] Sal 93, 11
[4] Sal 138, 3
[5] Sal 75, 11
[6] Sal 17, 24
[7] Eccl , XVIII, 30
[8] Prv., 16, 25
[9] Sal., XIII 1
[10] Sal. XXXVII, 10.
[11] Eccl. 18, 30
[12] Sal 13, 2
[13] Sal 52, 4
[14] Sal 49,21